Oggi vi voglio postare uno scritto di "altra mano"... Si tratta di un interessante saggio relativo all'umorismo in musica di un musicista torinese, Andrea Gherzi, che ho conosciuto recentemente e con cui ho intrapreso un rapporto epistolare (elettronico).
Il suo articolo, che pubblicherò a puntate, è molto interessante. Inizia seriamente...poi, piano piano, per stessa ammissione del suo autore, vira sul faceto proponendo strafalcioni, barzellette e "fiori di banco" di notevole pregio....
Vi auguro una buona lettura!
Andrea Gherzi, Umorismo in musica (prima puntata)
L’argomento dell’umorismo in musica è stato più volte dibattuto, con risultati per lo meno discordanti. Viene in mente un breve scritto di Robert Schumann, pubblicato nel 1835 sulla “Neue Zeitschrift für Musik”, la rivista musicale da lui stesso fondata l’anno precedente. Il compositore tedesco enumera effetti strumentali a suo avviso d’indubbia ironia disseminati nelle partiture di Beethoven, reputandoli peraltro «inafferrabili» da uomini poco raffinati. La sensibilità necessaria sarebbe insomma appannaggio degli specialisti, come a dire che soltanto chi conosce a menadito il linguaggio della musica può coglierne le velate allusioni, i segreti sottintesi. A differenza del tragico, il comico presuppone da parte del pubblico la condivisione di codici sottintesi, insomma una complicità intellettuale che è condizione indispensabile alla sua comprensione
Nel Settecento vigeva ancora una netta differenziazione fra generi compositivi, e Salieri lamentava il fatto che Franz Joseph Haydn mescolasse categorie estetiche opposte - il grave e il ridicolo, il volgare e il sublime - perfino nelle Messe. «La musica è umoristica se la composizione rivela più l’umore dell’artista che non lo stretto esercizio di un sistema compositivo. Le idee musicali sono allora di un tipo del tutto particolare e insolito; non si susseguono l’una all’altra, come ci si dovrebbe aspettare in base a certe convenzioni o per il naturale decorso dell’armonia e delle modulazioni; al contrario, ci sorprendono con giri di frase e transizioni inaspettate, con figure completamente nuove e accostate in modo stravagante […]. Il compositore umoristico si distingue per le trovate estrose che provocano il riso; egli si colloca sopra e oltre l’ordinario […]».
Il Michaelis seppe individuare con acume uno dei nodi importanti della questione proprio nel fatto che attraverso la trasgressione di certe regole e aspettative la personalità dell’artista si rivela. Nella palese violazione di un codice si rende evidente la presenza del compositore, che ci invita a ridere insieme a lui: situazione oggi per noi scontata, ma all’epoca concetto anomalo; infatti le teorie estetiche del secolo XVIII erano ancora ferme su posizioni legate all’antica massima “ars est celare artem”. «La sorpresa in musica non è un’invenzione di fine Settecento, e si può anche dire che la presenza del compositore si manifesta, in certo qual senso, in ogni sua opera. Ma nel caso di Haydn i critici del tempo percepivano una presenza personale così appariscente da far sospettare un atteggiamento compositivo qualitativamente diverso. Già nel 1776 Junker aveva indicato Haydn come l’unico compositore le cui opere portassero costantemente il segno del suo umorismo».
Con certi artifici tecnici - armonici, ritmici o melodici - il musicista austriaco tendeva a ingannare l’ascoltatore: si possono menzionare a tal proposito l’esordio del Quartetto op.33 n.1 e le false conclusioni del Quartetto op.33 n.2 (soprannominato “lo scherzo”), insieme alle sorprese di certi finali come la Sonata per pianoforte n.60, le Sinfonie n.23, 55 (varie false riprese nel primo tempo), 60 (“Il distratto”), 90, 98 e 102; emblematico per i contemporanei il secondo movimento della Sinfonia n.94 (“la sorpresa”). «Dopo di allora, questo tipo di approccio è diventato quasi un luogo comune in ogni arte: Mann, Brecht, Cage e molti altri hanno sviluppato a tal punto le tecniche di straniamento estetico da privarle della forza d’impatto che avevano nel periodo classico. Oggi ci aspettiamo di essere affrontati dall’artista. Ma nel tardo XVIII secolo, la distanza ironica e la distruzione dell’illusione estetica erano appunto i segni di una nuova disposizione verso la musica strumentale.»
A proposito di umorismo in musica...vi posto le mie variazioni sul celeberrimo tema "sei forte papà", del noto "compositore" Gianni Morandi...
Un inizio famigliare che sale improvviso alle altezze irraggiungibili di Bach, un Rondò birichino e lezioso che sfugge tra i tasti, quasi un Cembalo Mozartiano in una Marcia Turca....per ritornare dolcemente noto in una circolarità infinita, ma rassicurante. Come una farfallina impertinente il tuo guizzo spunta qui e là spuntano impressioni cinesi in questo viaggio fantastico sulle ali delle note..il tutto sigillato da una "glassa" musicale (in senso pescesco-cinese) che dà il la al gran finale jazzistico: mélangerie sognante e birbante!
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